Nella sentenza emessa nella Causa C-518/18, la Corte di Giustizia viene chiamata ancora una volta a pronunciarsi sull’ambito di applicazione dell’art. 18, primo comma, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che sancisce il divieto generale di discriminazione in base alla cittadinanza.
Alla Corte, riunita in Grande Sezione, viene chiesto se il divieto di cui all’articolo 18 TFUE, possa produrre effetti diretti orizzontali ed essere così invocata nell’ambito dei rapporti tra privati.
I fatti della causa
Il ragionamento seguito dalla Corte
Libera circolazione di persone, sevizi e merci.
I fatti della causa
La decisione trae origine da una richiesta di risarcimento danni proposta da una cittadina tedesca a cui erano state impiantate in Germania delle protesi mammarie difettose prodotte in Francia. Tali dispositivi medici venivano infatti dichiarati inadeguati dalle autorità competenti che ne raccomandavano la sostituzione in quanto pericolosi per la salute.
Secondo la normativa francese, tutti i produttori di dispositivi medici sono obbligati a concludere un contratto di assicurazione contro i danni causati a terzi. Tale contratto veniva concluso tra il produttore, Poly Implant Prothèse SA (PIP), e la compagnia assicurativa AGF IARD (a cui subentra la Allianz). Le parti del contratto convenivano però l’introduzione di una clausola che limitava la copertura assicurativa ai soli danni verificatisi nel territorio francese. Sulla base di questo contratto veniva proposto contro la Allianz una domanda di risarcimento del danno.
Chiamato a decidere della causa, il giudice di primo grado prendeva atto che l’intervento chirurgico era stato effettuato in Germania e respingeva l’azione sulla base della clausola di limitazione territoriale. L’istante proponeva appello contro la sentenza di primo grado lamentando la violazione della libera circolazione delle merci e l’invalidità della clausola di limitazione territoriale. La Corte d’appello investita della domanda proponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia chiedendo di verificare la compatibilità della clausola con l’articolo 18, primo comma, TFUE. In particolare, il giudice del rinvio chiedeva di valutare se la mancata estensione della copertura assicurativa all’intero territorio dell’Unione potesse determinare una discriminazione indiretta in base alla nazionalità.
La decisione
La Corte di Giustizia offre un’interpretazione restrittiva dell’art. 18, primo comma TFUE. I giudici dispongono che
l’articolo 18, primo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non è applicabile ad una clausola, prevista in un contratto concluso tra una compagnia assicurativa e un produttore di dispositivi medici, la quale limiti l’estensione geografica della copertura assicurativa della responsabilità civile derivante da tali dispositivi ai soli danni verificatisi nel territorio di un unico Stato membro, in quanto una situazione siffatta non rientra, allo stato attuale del diritto dell’Unione, nel campo di applicazione di quest’ultimo
Il ragionamento seguito dalla Corte
Nella formulazione della questione posta alla Corte il giudice di rinvio chiede se la clausola di limitazione territoriale sia contraria all’art. 18 TFUE. Non viene però indicata con precisione quale altra disposizione avrebbe potuto essere violata e, per dirla con le parole espresse dell’Avvocato Generale nelle sue conclusioni, lascia “all’immaginazione stabilire quale delle libertà specifiche (merci, servizi o persone) possa potenzialmente applicarsi”. Di qui la problematica che deve essere affrontata dalla Corte. Per costante giurisprudenza, la disposizione ha natura residuale. Essa viene infatti applicata in situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione solamente quando non vi sia nei trattati un’altra disposizione che vieti la discriminazione in base alla nazionalità.
Ne discende che due sono le condizioni da soddisfare affinché possa trovare applicazione l’art. 18 TFUE:
1. la situazione all’origine della discriminazione fatta valere deve rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione;
2. a tale situazione non deve applicarsi alcuna norma specifica prevista dai Trattati e intesa a vietare una discriminazione fondata sulla nazionalità.
Il diritto derivato
La Corte analizza la Direttiva 93/42/CEE concernente i dispositivi medici, e la normativa riguardante la responsabilità per danno da prodotti difettosi (Direttiva 85/374/CEE) per verificare se esista una disposizione specifica capace di essere applicata al caso di specie. Dall’analisi del diritto dell’Unione, i giudici concludono che allo stato attuale non vi è una disposizione che disciplini l’assicurazione della responsabilità civile dei produttori di dispositivi medici per i danni correlati a tali dispositivi.
In mancanza di una siffatta disposizione nel diritto derivato, la Corte volge la sua attenzione alle libertà fondamentali previste dal TFUE per verificare se la situazione che ha dato origine alla discriminazione possa rientrare nell’ambito di applicazione di una di esse.
Libera circolazione di persone, sevizi e merci.
Nel caso portato alla loro attenzione i giudici escludono che vi sia stata una violazione della libera circolazione delle persone. Essendo l’intervento chirurgico avvenuto in Germania manca, quel nesso di collegamento concreto tra la situazione specifica e la libera circolazione delle persone.
Lo stesso deve dirsi per la libera prestazione dei servizi. Anche se la libertà può includere quella dei destinatari di recarsi in un altro Stato Membro per fruire di un servizio, nel caso di specie l’istante non usciva dal territorio nazionale. Per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi di assicurazione invece, la Corte segnala che le parti del contratto sono entrambe locate in Francia e non vi è stata alcuna offerta transfrontaliera di servizi. Inoltre, anche se la danneggiata risiede in uno Stato Membro diverso da quello del produttore e dell’assicuratore, essa non è parte del contratto di assicurazione, il che esclude la situazione in oggetto dal rientrare nella libera prestazione di servizi.
Infine, per quanto riguarda la libera circolazione delle merci, la Corte constata che all’impresa francese non è stato in alcun modo impedito di commercializzare i prodotti medici in altri paesi. La controversia oggetto del procedimento principale non riguarda la circolazione transfrontaliera delle merci, ma i danni causati dalla circolazione di queste merci. Specificatamente, la controversia verte sulla possibilità per la ricorrente principale di ottenere dalla compagnia assicuratrice un risarcimento per i danni causati dai dispositivi medici difettosi pur in presenza di una clausola contrattuale che limita la responsabilità. Tale tipologia di clausola assicurativa non impedisce, secondo la Corte, la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione.
Non essendo soddisfatta la prima delle due condizioni necessarie per l’applicazione dell’art. 18 TFUE, la Corte di Giustizia decide (purtroppo) di non proseguire a verificare se la disposizione può essere fatta valere nell’ambito di rapporti tra privati.