Il recesso unilaterale nel contratto d’appalto consente al committente di porre fine ad un rapporto contrattuale che ha ormai perso l’utilità perseguita.
Dopo una breve analisi della disciplina generale del recesso unilaterale, l’articolo si sofferma sul fondamento e la regolamentazione del recesso unilaterale del committente nel contratto d’appalto (ti potrebbe interessare: Il contratto di appalto privato: nozione ed elementi).
La disciplina generale del recesso unilaterale
Il recesso unilaterale del committente nell’appalto: fondamento
La disciplina del recesso unilaterale del committente
Termini e modalità per l’esercizio del recesso unilaterale del committente
L’indennizzo dell’appaltatore per il recesso unilaterale del committente
La disciplina generale del recesso unilaterale
Il diritto di recesso può essere definito come la facoltà attribuita ad una delle parti “…di sciogliere unilateralmente il contratto in base ad una libera dichiarazione di volontà.” (Cass. civ. n. 3626 del 07.08.1989). Il recesso unilaterale (art. 1373 c.c.) rappresenta un’ipotesi convenzionale di recesso e costituisce un’eccezione alla regola generale secondo la quale il contratto non può essere sciolto se non per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge (art. 1372 c.c.).
La disposizione del Codice stabilisce che il recesso può essere esercitato finché il contratto non abbia avuto esecuzione. La norma fa però salvi i contratti ad esecuzione continuata o periodica per i quali il recesso può essere esercitato anche successivamente all’esecuzione del contratto. In questo caso, però, il recesso non ha effetto retroattivo con riguardo alle prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.
La parte può esercitare il recesso con una dichiarazione di volontà che deve pervenire nella sfera di conoscenza o conoscibilità della controparte (negozio unilaterale recettizio).
Pur non essendo richiesto l’uso di specifiche forme per la manifestazione della volontà, il recesso “…rimane tuttavia soggetto alle stesse garanzie di forma prescritte per il contratto costitutivo del rapporto al cui scioglimento il recesso sia finalizzato…” (Corte d’Appello Milano Sez. IV, Sent., 03.05.2016; Cass. civ. n. 5454 del 07.06.1990). Per questo motivo, se il contratto che si intende sciogliere richiede la forma scritta per la costituzione del rapporto, il recesso dovrà inevitabilmente essere comunicato nella stessa forma scritta.
Le parti possono prevedere che il recesso sia legato al pagamento di un corrispettivo sotto forma di indennizzo o prezzo per il suo esercizio. In questo caso, e salvo che le parti non abbiano diversamente stabilito, il recesso non avrà effetto se la prestazione non è stata adempiuta.
Il recesso unilaterale del committente nell’appalto: fondamento
Se il recesso unilaterale previsto dall’art. 1373 c.c. ha natura convenzionale (i contraenti, di comune accordo, conferiscono tale diritto ad una di esse), il recesso unilaterale del committente nel contratto d’appalto trova il suo fondamento nella legge (art. 1671 c.c.). Si parla in questo caso di recesso legale riconosciuto al committente senza che vi sia la necessità di un accordo delle parti in tal senso.
Il recesso può trovare la sua giustificazione non solo nell’inadempimento dell’appaltatore, ma anche nel venir meno del rapporto di fiducia che lega entrambe le parti del contratto, non necessariamente legato ad un inadempimento. Infatti, il recesso può essere esercitato anche se è il committente stesso ad essere inadempiente.
Il recesso potrebbe anche essere legato alla mancanza di convenienza nella prosecuzione dell’opera per essere cambiate (o non più attuali) le ragioni che hanno portato alla sua conclusione.
Il committente non dovrà fornire alcuna giustificazione sulle ragioni che lo hanno portato a decidere di sciogliere il rapporto, né è richiesto che ricorra una giusta causa.
La disciplina del recesso unilaterale del committente
La disciplina del recesso legale del committente si discosta da quella prevista per il recesso convenzionale di cui all’art. 1373 c.c. e presenta le seguenti caratteristiche:
➤ Il committente può recedere in qualsiasi momento dopo la conclusione del contratto (quindi anche dopo che l’appalto abbia avuto esecuzione).
➤ Il recesso unilaterale è previsto solo a favore del committente.
➤ Il committente può esercitare il recesso senza che vi sia la necessità di fornire alcuna ragione.
➤ L’esercizio del recesso unilaterale impedisce all’appaltatore di continuare a svolgere l’opera o il servizio e fa sorgere l’obbligo per il committente di indennizzare l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
Il recesso unilaterale del committente si applica sia all’appalto d’opera che a quello di servizi. In entrambe le ipotesi di appalto, le parti possono arricchire la previsione in parola stabilendo particolari condizioni o termini per il suo esercizio, oppure stabilire conseguenze diverse da quelle previste dall’art. 1671 c.c.
Termini e modalità per l’esercizio del recesso unilaterale del committente
La norma (art. 1671 c.c.) individua nella conclusione del contratto il momento iniziale a partire dal quale il committente può esercitare il recesso. Prima della conclusione si dovrebbe più correttamente parlare di revoca della proposta da parte del committente (“La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso”; art. 1328 c.c.). Anche se la norma non ne fa menzione, il committente può recedere fino a quando l’opera o il servizio non sia concluso.
Dato che l’appalto è un contratto a forma libera, il recesso unilaterale del committente non richiede forme particolari per il suo esercizio potendo essere comunicato all’appaltatore anche verbalmente. Non viene però considerato valido il recesso tacito dato che la dichiarazione di volontà deve pervenire nella sfera di conoscenza o conoscibilità dell’appaltatore.
Le parti possono, nell’esercizio della loro autonomia, derogare allo schema normativo di recesso unilaterale prevedendo un termine di preavviso (ad es., 30 o 60 giorni), oppure che questo debba avvenire per iscritto (lettera raccomandata o PEC). Se le parti prevedono solo il termine di preavviso e la forma che la comunicazione del recesso deve assumere non disponendo nulla sull’indennizzo dell’appaltatore
“…si deve ritenere operante, ad integrazione del contratto, la norma di cui all’art. 1671 c.c. in base alla quale l’appaltatore, in caso di recesso unilaterale del committente, ha diritto [all’] indennizzo per le spese sostenute, i lavori eseguiti ed il mancato guadagno.” (Cass. civ. n. 3545 del 24.10.1975; Cass. civ. n. 5368 del 07.03.2018).
L’indennizzo dell’appaltatore per il recesso unilaterale del committente
L’esercizio della facoltà di recedere unilateralmente dal contratto d’appalto espone il committente all’obbligo di indennizzare l’appaltatore delle perdite subite. L’indennizzo dovuto all’appaltatore assume quindi natura risarcitoria e riguarda sia il danno emergete (vale a dire la diminuzione patrimoniale dell’appaltatore per le spese sostenute e i lavori eseguiti), sia il lucro cessante (vale a dire il mancato guadagno dell’appaltatore).
Spese sostenute dall’appaltatore
L’appaltatore potrà chiedere il pagamento delle spese sostenute fino al momento del recesso come, ad esempio, i materiali non più riutilizzabili che sono stati acquistati per lo svolgimento dei lavori e contratti di lavoro in corso.
L’appaltatore dovrà però fornire la prova che i materiali siano stati acquistati specificamente per eseguire l’appalto ormai sciolto, e che gli stessi non possono essere più riutilizzati per altri lavori. In mancanza, il giudice deciderà in via equitativa sull’ammontare da liquidare.
Lavori eseguiti
Quanto a questa voce dell’indennizzo, si dovrà valutare il valore dei lavori effettivamente eseguiti dall’appaltatore anche mediante il ricorso alla consulenza tecnica. A tale valore andranno poi detratti eventuali pagamenti effettuati dal committente nel corso del rapporto.
Mancato guadagno dell’appaltatore
Il mancato guadagno dell’appaltatore si riferisce all’utile netto che questo avrebbe conseguito se l’appalto si fosse concluso come originariamente concordato. A questo riguardo la giurisprudenza ha stabilito che
tale utile è costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere stesse, previa determinazione della quota di spese generali, dei costi di ammortamento, dell’impegno improduttivo di materiali, mano d’opera, ecc. (Cass. civ. n. 16404 del 04.07.2017).
L’appaltatore dovrà fornire la prova dell’utile che avrebbe conseguito. In mancanza di tale prova, il prezzo andrà stabilito dal giudice in via equitativa (ti potrebbe interessare: Il prezzo nel contratto di appalto privato). Tuttavia, il committente ha la facoltà di eccepire che, nonostante il recesso, l’appaltatore ha trovato un altro contraente dal quale ha conseguito un guadagno sostitutivo (Cass. civ. n. 15304 del 17.07.2020). In questo caso, però, l’onere della prova grava sul committente.