Il Regolamento Europeo sui fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese (Regolamento UE n. 2020/1503) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’UE dopo un percorso durato circa due anni. Esso introduce importanti novità non solo per le piattaforme di crowdfunding, ma anche per imprese che fanno ricorso a questo strumento di finanziamento e per gli investitori.
In questo contributo diamo uno sguardo alle ragioni che hanno portato all’adozione della nuova normativa, il suo ambito di applicazione e il rapporto con la disciplina italiana del crowdfunding.
Le ragioni dietro la normativa europea sul crowdfunding
Ambito di applicazione del regolamento
La disciplina italiana dopo il regolamento europeo sul crowdfunding
Le ragioni dietro la normativa europea sul crowdfunding
Con l’affermarsi del crowdfunding al livello europeo, diversi Stati membri dell’Unione hanno ritenuto necessario disciplinare questo fenomeno per coglierne appieno le opportunità e mitigare gli eventuali rischi. Al riguardo, l’Italia è stato il primo Paese in Europa a regolamentare il crowdfunding (nella variante equity), inizialmente per il finanziamento delle sole start-up innovative, poi esteso anche ad altre categorie.
Anche se nei vari Paesi europei il mercato ha riscontrato una crescita a doppia cifra, essa non è in alcun modo paragonabile a quella osservata in Cina o negli Stati Uniti. Differenze importanti esistono inoltre anche tra Stati membri. Fattori come il ridotto numero di investitori o la mancanza di infrastrutture tecnologiche adeguate hanno limitato, ed in alcuni casi impedito l’affermarsi del crowdfunding in alcuni Stati membri. Infine, la frammentazione normativa venutasi a creare ha reso eccessivamente complicato e costoso per i fornitori di servizi di crowdfunding operare al di fuori dei confini nazionali.
Comprendendo l’importanza rivestita dalle forme di finanza alternativa in generale, e dal crowdfunding nello specifico, nel 2018 la Commissione UE lancia il FinTech Action Plan. Tra i temi proposti vi è quello di introdurre un quadro comune per i fornitori europei di servizi di crowdfunding e incentivare la crescita del settore così da favorire l’accesso al credito alle PMI. L’intento dichiarato è quello di rimuovere le barriere che impediscono la prestazione transfrontaliera dei servizi di crowdfunding e garantire un livello sufficiente di protezione degli investitori e dei titolari di progetti. La proposta della Commissione sul crowdfunding viene modificata ed ampliata dal Parlamento UE e dal Consiglio fino ad arrivare all’impianto normativo dell’odierno Regolamento UE n. 2020/1503.
Ambito di applicazione del regolamento
In linea con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito per PMI e start-up, il regolamento n. 2020/1503 si applica esclusivamente al crowdfunding basato sul prestito e sull’investimento. Per tale motivo cadono fuori dall’ambito di applicazione della normativa sia le forme di crowdfunding che non sono volte all’ottenimento di un guadagno economico (community crowdfunding), sia quelle rivolte all’erogazione di credito ai consumatori.
L’art. 1, comma 2, lett. c), esclude dall’ambito di applicazione del regolamento anche le offerte di crowdfunding che superano la soglia di € 5 milioni nel periodo di 12 mesi. Questo determina il coesistere di due discipline distinte: le offerte che rientrano nella soglia potranno godere del regime, che possiamo definire “semplificato”, dettato dal regolamento; quelle superiori dovranno rispettare il complesso normativo dettato dalla direttiva 2014/65 (MiFID II) e regolamento 2017/1129 (Regolamento Prospetto). Secondo il combinato disposto del considerando 17 e dell’art. 49 del regolamento, se uno Stato membro prevede una soglia inferiore a € 5 milioni per la pubblicazione del prospetto, in deroga all’art. 1, il regolamento si applica solo alle offerte di crowdfunding il cui importo totale non superi tale soglia. Questa deroga ha una durata di 24 mesi a far data dal 10 novembre 2021 per consentire a tale Stato di effettuare le necessarie modifiche. Il termine non è rinnovabile.
Inoltre, secondo l’art. 1, comma 2, lett. b), restano fuori dall’ambito di applicazione del regolamento anche quei servizi offerti conformemente al diritto nazionale e che sono connessi:
all’intermediazione nella concessione di prestiti;
al collocamento senza impegno irrevocabile, di cui all’allegato I, sezione A, punto 7), della direttiva 2014/65/UE, di valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding emessi da titolari di progetti o società veicolo, e ricezione e trasmissione degli ordini di clienti, di cui al punto 1 di detta sezione, relativamente a tali valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding.
La disciplina italiana dopo il regolamento europeo sul crowdfunding
La normativa europea viene ad inserirsi in un contesto sbilanciato per ciò che riguarda la regolamentazione del crowdfunding in Italia.
Nel nostro paese solamente il crowdfunding basato sull’investimento (investment-based crowdfunding) gode di una disciplina puntuale che può definirsi completa. Per quello che attiene al crowdfunding basato sul prestito (lending-based crowdfunding), da lungo tempo e da molte parti si sono mosse critiche per l’assenza di un quadro normativo organico che vada a disciplinare i vari aspetti del fenomeno. Questo quadro giuridico è però destinato a mutare a seguito dell’entrata in vigore del regolamento europeo sul crowdfunding.
Stante l’obiettivo del legislatore europeo di eliminare l’incertezza e la frammentazione normativa che circonda il settore del crowdfunding, la prospettiva del regolamento è quella di sostituire le normative nazionali. Questo avverrà decorso un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Consci delle difficoltà che le piattaforme di crowdfunding possono riscontrare anche con riguardo dei progetti in corso, il regolamento prevede un periodo transitorio dove entrambe le normative coesistono. Ai sensi dell’art. 48, comma 1, del regolamento le piattaforme:
possono continuare, conformemente al diritto nazionale applicabile, a prestare servizi di crowdfunding che sono inclusi nell’ambito di applicazione del presente regolamento fino al 10 novembre 2022 o fino al rilascio di un’autorizzazione […] se tale data è anteriore.
Al volgere di tale periodo, le piattaforme di crowdfunding che non hanno ottenuto l’autorizzazione non potranno più pubblicare nuove offerte.
In questa versione definitiva del regolamento non è stata accolta l’iniziale proposta della Commissione che prevedeva la compresenza della normativa europea con quella nazionale. Si è evitato così di ingenerare confusione per piattaforme, imprese ed investitori creando un terzo genere che si sarebbe abbinato alla normativa nazionale e quella dettata dalla MiFID II.
Considerazioni finali
L’adozione del regolamento europeo sul crowdfunding rappresenta un passo importante verso la completa realizzazione del FinTech Action Plan e per la digitalizzazione della finanza in Europa.
Il complesso normativo offre importanti possibilità per le imprese che potranno far ricorso ad un mercato non più solo nazionale, bensì europeo. Inoltre, esso rappresenta un’opportunità anche per gli investitori che saranno in grado di avere migliori opzioni di guadagno e diversificazione dei propri investimenti.